3.2 Sostenibilità

3.2.1. Trieste, città ‘POST covid’

L’argomento prende le mosse da una domanda: i cambiamenti climatici sono una minaccia reale?

Per rispondere occorre prendere atto di come gli economisti indichino nell’instabilità sociale il più grosso rischio globale per i prossimi mesi e anni. Questo rischio è fortemente connesso con i rischi ambientali, con quelli connessi al peggioramento del sistema sanitario e con il crollo culturale di un paese.

Se quella che stiamo vivendo è l’ondata (la seconda) del COVID, la prossima sarà l’ondata della crisi economica e poi arriverà quella, ancora più rilevante, dei cambiamenti climatici.

Su questo c’è molto da fare.

Oltre a sviluppare una mobilità sostenibile e a rivedere il traffico cittadino, aumentando i trasporti pubblici, sarà rilevante ampliare gli spazi collettivi (aperti e chiusi) e procedere alla messa in sicurezza del territorio, anche in previsione di fenomeni di alta marea che saranno sempre più frequenti nei prossimi 20 anni.

La missione per una città sostenibile al 2030 quindi deve puntare a migliorare la qualità dei servizi pubblici e delle infrastrutture fondamentali, avendo come priorità la casa, la scuola, la salute, la mobilità sostenibile e gli spazi collettivi (aperti e chiusi) nonché la rimozione degli ostacoli all’espressione delle capacità imprenditoriali.

Dunque i pilasti su cui concentrare l’attenzione per la gestione e lo sviluppo di una città ‘post COVID’ dovrebbero essere basati (i) sull’investimento nell’istruzione, per rendere gli edifici scolastici più moderni e connessi, (ii) il supporto ai medici di base per favorire lo sviluppo di una solida piattaforma di supporto medico alla popolazione, e (iii) l’incentivazione alla formazione di start up.

3.2.2. Trieste, una ‘smart city’

Con le sue capacità di sviluppare scienza e innovazione, Trieste può diventare una smart city di riferimento in Italia e in Europa. Per arrivarci serve visione, ma anche tanta concretezza e capacità di pianificare, immaginare e costruire un nuovo modello di città.

La tecnologia non è una minaccia, ma una straordinaria opportunità, è un investimento sul nostro futuro e sulla qualità delle nostre vite.

Questi che seguono sono solo alcuni esempi di ciò che potremmo mettere in campo in due anni di lavoro o poco più e che impatterebbe in modo significativo sulla nostra quotidianità, sulla nostra economia, sull’educazione dei nostri ragazzi e sulla nostra salute:

• ​gestione della sicurezza​: l’uso di tecnologie IOT, big data, machine learning e sistemi interconnessi possono dare un contributo enorme alla gestione della sicurezza sul territorio, agevolando lo scambio di informazioni e aiutando a prevenire eventuali minacce;

• ​manutenzione del territorio​: tramite piattaforme digitali e una mobile app dedicata, si può incentivare la collaborazione responsabile dei cittadini nella gestione del territorio e nella puntuale segnalazione di problemi, malfunzionamenti, danneggiamenti, guasti o, più semplicemente, nella richiesta di interventi o nuove installazioni, consentendo al tempo stesso alla pubblica amministrazione di programmare, con maggiore consapevolezza, costi e tempi;

• ​edifici intelligenti​: la pubblica amministrazione può incentivare, accompagnare e pianificare interventi urbani per l’applicazione di tecnologie e sensori in grado di rendere la città e i suoi edifici sostenibili, intelligenti, parlanti, energeticamente efficienti;

• ​parcheggi pubblici intelligenti​: i parcheggi, la ciclomobilità e i trasporti pubblici devono essere integrati in un unico sistema intelligente in grado di rendere la città più vivibile e meno inquinata e trafficata, favorendo la mobilità elettrica, la pedonalizzazione e la sperimentazione di percorsi dedicati ai mezzi pubblici a guida autonoma;

• ​energia rinnovabile​: la creazione di ​smart grid su scala locale può ridurre significativamente i costi e l’impatto delle infrastrutture energetiche, con benefici per il territorio, per i cittadini e per le famiglie: una prima ​smart grid potrebbe essere da subito realizzata nel comprensorio del Porto Vecchio; inoltre, come già accennato, va incentivato l’uso dell’idrogeno quale vettore energetico;

• ​gestione dei rifiuti​: una migliore gestione dei rifiuti organici consente di ottenere fertilizzanti e iniettare l’energia prodotta durante il processo di decomposizione direttamente nella rete;

• ​gestione delle aree verdi​: è necessario restituire spazi alla natura e assicurare un’area verde a tutti i cittadini entro un raggio massimo di 300 metri dalla propria abitazione, con benefici anche a livello estetico: va inoltre valorizzato il Carso con una maggiore cura del territorio e, anche in questo caso, l’applicazione di tecnologie che possano rendere immersiva e totale anche una semplice passeggiata;

• ​reti e comunicazioni veloci​: il 5G non è una minaccia ma una opportunità: una copertura totale della città consentirebbe trasmissioni sicure e veloci, incentivando la digitalizzazione dei servizi e impattando positivamente anche sulla produttività delle imprese;

telemedicina​: serve incentivarla sul territorio per alleggerire i carichi e i costi determinati dall’ospedalizzazione e consentire un monitoraggio costante delle condizioni di salute dei cittadini, potendo così migliorare significativamente la qualità della vita.

La tecnologia è una risorsa, e sulla tecnologia serve investire: la tecnologia produce posti di lavoro, sicurezza, educazione, salute, inclusione sociale.

Nel programma di Trieste 2030 è e rimarrà un aspetto centrale.

3.2.3. Trieste una città “Aging-Friendly”

L’Italia è seconda al mondo, dietro al Giappone, per anzianità di popolazione, con quasi il 23% over 65.

La popolazione anziana di Trieste, invece, già rappresenta il 28% del totale, analogamente a quanto accade a Savona e Genova. In queste tre città si inizia a comprendere, per necessità, che prestando agli anziani la giusta attenzione essi divengono una componente fondamentale per la salute della città, la rendono più bella, sicura, pulita, a misura di bambino, ne fanno girare l’economia e rafforzano le relazioni famigliari e sociali.

L’invecchiamento della popolazione è in corso da 60 anni, e secondo l’ISTAT continuerà ad aumentare ancora per i prossimi 40 anni.

Questo fenomeno è iniziato con il baby boom e l’immigrazione degli esuli istriani, fiumani e dalmati dopo la seconda guerra mondiale. Poi con l’aumento del PIL e del benessere degli italiani, l’emancipazione delle donne e il loro ingresso in massa nel mondo del lavoro, è iniziato il calo delle nascite ed è cambiata la struttura della famiglia, non più dunque la “Famiglia S.p.A.”, che per molto tempo è stata la colonna portante della nostra società, ma una struttura limitata al gruppo ristretto di genitori, con in media 1,3 figli a coppia, e nonni. Contemporaneamente il progresso della medicina e della tecnologia e il miglioramento dello stile di vita (sport, tempo libero, dieta equilibrata) hanno determinato un veloce aumento dell’aspettativa di vita, portando le donne a 85 anni e gli uomini a 80.

Con l’aumento dell’aspettativa di vita si è allungata anche la vita lavorativa, allargando la fetta di popolazione attiva.

L’invecchiamento demografico ha e avrà un impatto sempre più significativo sia sull’economia che sulla società. Esso mette sotto stress il sistema previdenziale, pone una sfida difficilissima alla sostenibilità del sistema sanitario (aumento della popolazione con malattie croniche di lungo corso e altissimo costo), cambia la domanda di beni e servizi sul mercato (essendo gli anziani la gran parte della popolazione e tutti con una pensione o con altri redditi) e infine incide sulla composizione della forza-lavoro (perché si lavora quasi fino a 70 anni).

Nel sociale, l’invecchiamento demografico aumenta la dipendenza degli anziani dai loro figli nei periodi di fragilità, ma al contempo aumenta il bisogno dei figli dell’aiuto dei genitori soprattutto con i nipoti. Esso fa emergere inoltre esigenze e opportunità nuove. Se infatti la ridefinizione dei ruoli degli anziani pone l’esigenza di adeguati spazi per il tempo libero nonno-nipote e richiede un’offerta di cultura (teatro, biblioteca, cinema, università della terza età, mostre) in linea con le aspettative delle persone anziane, l’anziano si staglia in modo sempre più marcato quale risorsa fondamentale per il sistema del volontariato, animatore dei circoli sportivi e ricreativi, sentinella naturale del proprio rione e della città incline a segnalare le situazioni di degrado e abbandono. Ma perché queste prerogative siano valorizzate occorre che la persona anziana disponga di un ambiente sicuro, pulito, privo di barriere architettoniche e di trasporti efficienti, che gli consentano di avere tutti i servizi a portata di mano (rioni autosufficienti e mezzi di trasporto dove servono e quando servono).

Secondo l’ISTAT oggi gli anziani attivi sono l’11,6% e saranno il 18,3% nel 2055. Quindi aumenterà la popolazione anziana, ma aumenterà anche la sua componente attiva, ossia quella formata da persone che

lavorano, oppure da pensionati che escono regolarmente, frequentano un circolo ricreativo, sportivo o culturale, vivono la città, i suoi parchi, bar, ristoranti, biblioteche, trascorrono parte del loro tempo nei parchi giochi con i nipotini e via discorrendo.

Un anziano attivo apporta un positivo contributo all’economia e al tessuto sociale della città; un anziano inattivo genera criticità.

L’invecchiamento demografico sarà un problema o un’opportunità di sviluppo per la Trieste del futuro? Sicuramente se non ci curiamo degli anziani e li abbandoniamo la percentuale di inattivi o fragili sarà più alta e ciò ci comporterà seri problemi. Se invece disegniamo una città a misura di anziano e creiamo i presupposti perché la più ampia fetta possibile di popolazione anziana sia attiva, allora coglieremo i benefici economici e sociali che ciò comporta.

Il primo aspetto da valutare concerne la salute dell’anziano.

Oggi, grazie al progresso delle scienze e della medicina di tante malattie non si muore più, ma si vive per dieci o vent’anni con una patologia cronica, che però genera costi estremamente significativi sul sistema sanitario nazionale. All’incirca il 5% della popolazione (malato grave, con ricoveri in ospedale e complicanze gravi) consuma infatti il 50% delle risorse del sistema sanitario. Il 30% della popolazione (malattie croniche, gestite, senza complicanze gravi) consuma il 40% delle risorse sanitarie, mentre il residuo (con fattori di rischio o capace di curarsi in autonomia) ne consuma il 10% (piramide di Kaiser). Ovviamente gli anziani rappresentano, in proporzione, una porzione particolarmente significativa di questa popolazione.

Quando gli anziani, come accade a Trieste, rappresentano quasi un terzo della popolazione totale, la sostenibilità della spesa sanitaria viene posta seriamente a rischio. Ciò implica la necessità di evitare che un malato non grave diventi – per disattenzione – grave o gravissimo. A questa necessità si fa fronte grazie alla medicina d’iniziativa: Medicina Generale e Cure Primarie sono coordinate dalla direzione Sanitaria di ASUGI per prevenire il peggioramento dello stato di salute della popolazione a rischio, con il risultato di avere una popolazione più sana, quindi più attiva, e un sistema sanitario sostenibile.

Accanto alla medicina d’iniziativa, un ruolo fondamentale per tutelare la salute delle persone anziane consiste nel ​potenziamento dell’anziano attivo​, che si ottiene con una città a misura di anziano, dove questi diventa una risorsa economico-sociale preziosa per la collettività.

La Società ha infatti bisogno di anziani «attivi». Per tenere un anziano «attivo» e per renderlo tale da uno stato «inattivo» bisogna dargli una città a sua misura. Il Comune va perciò stimolato a ripensare la città, in linea con gli obiettivi regionali di ActiveAgingIndex (AAI) e della legislazione regionale (LR22/14: Promozione dell’invecchiamento attivo), rendendola a misura di anziano e a misura di bambino, quindi di famiglia, cioè multi-generazionale.

Le pur lodevoli iniziative del Comune vanno al riguardo ripensate, ponendo mano

· ​ad una diffusione capillare di piccoli centri diurni multifunzionali volti a contrastare, specie nelle periferie, l’isolamento sociale e il decadimento psicofisico mediante l’erogazione integrata di servizi;

· alla creazione di luoghi di incontro, socializzazione e apporto civico sul modello dei centri anziani, strutture associative libere e spontanee ormai presenti in tutto il territorio nazionale, finanziate e

regolamentate dagli enti locali e generalmente incentrate sullo svolgimento di attività ricreative o culturali, miranti al coinvolgimento degli anziani nella vita sociale della comunità.

· al sostegno alla diffusione dell’attività fisico-motoria con finanziamenti ad hoc che premino le partnership innovative tra le associazioni/federazioni sportive e i sodalizi di promozione sociale attivi nella promozione del movimento in età anziana e della prevenzione delle patologie croniche e degenerative;

· al potenziamento della risposta ai fabbisogni specifici degli anziani a maggior rischio di marginalità sociale, in particolare alle situazioni non in carico del sistema socio-assistenziale, caratterizzate da condizioni di progressivo disagio economico e relazionale legate a difficoltà motorie, perdita della rete familiare e amicale, mancanza di risorse finanziarie, ecc.;

· al perseguimento di interventi di domiciliarità innovativa tramite progetti territoriali che promuovano soluzioni coabitative generazionali mirate a incentivare la permanenza degli anziani in contesti familiari “artificiali”, privilegiando la localizzazione residenziale nei centri cittadini al fine di favorire l’accesso ai servizi sanitari e socio-assistenziali, ai mezzi pubblici e ai luoghi di consumo (caffè, gelaterie, negozi, ecc.) e socializzazione ricreativa e culturale (es. circoli, teatri e cinema).

L’anziano è un fruitore di tecnologia sempre crescente. La Smart City è una città in cui la tecnologia e la connettività è immanente nell’ambiente cittadino (bus, locali pubblici, parcheggi, piazze…) e permette sia al tessuto produttivo sia alla cittadinanza tutta di beneficiarne. Trieste Smart City vuol dire però anche potenziamento dei servizi agli anziani, mediante il sostegno alla creazione di programmi (da parte di INSIEL o simili), da rendere disponibili attraverso una domotizzazione delle abitazioni degli anziani, per lo svolgimento di controlli sanitari in collegamento telematico (es. misurazione della pressione o del battito cardiaco) e per la fruizione di servizi di assistenza e protezione sociale quali l’eHealth, la teleassistenza e la telemedicina.

Non sfugge il fatto che diversi tra queste iniziative – laddove assicurano continuità assistenziale, integrando l’ospedale e il territorio grazie ai servizi a domicilio prestati dal distretto e dai servizi sociali, che fanno uso di telemedicina, telesoccorso e telecontrollo, con meno spostamenti dell’anziano fragile e meno accessi impropri alle strutture ad alta intensità di cura – consentirebbero di realizzare un altro asse fondamentale per arginare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, ossia la ​protezione della persona fragile​.

Questi obiettivi, assieme al potenziamento della mobilità e dei trasporti urbani intelligenti, affinché i mezzi pubblici siano disponibili dove servono e quando servono, e alla cura all’eliminazione delle barriere architettoniche, consentirebbe a Trieste di divenire davvero una città a misura di anziano e, contemporaneamente una città a misura di bambino, quindi di famiglia, ossia una città autenticamente multi-generazionale: una città dove tutti vorrebbero vivere!