UNA INCLUSIVA SOSTENIBILE TECNOLOGICA

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1. CHE COS'E' TRIESTE 2030

TRIESTE 2030 è un gruppo multidisciplinare di lavoro (aperto e trasversale) costituitosi per ripensare Trieste e il suo futuro, la sua economia, il suo territorio, il suo ruolo nazionale e internazionale. Inclusività sociale, periferie, riqualificazione del paesaggio, sostenibilità, educazione, innovazione, digitalizzazione e portualità sono alcuni dei punti chiave su cui si concentrano le attenzioni e gli sforzi di Trieste 2030, che intende proporre per il territorio un nuovo modello di gestione e una serie di traguardi che, coerentemente con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, appaiono non più rinviabili sia su scala globale e sia locale. In vista delle elezioni amministrative del 2021, Trieste 2030 mette a disposizione della città, delle sue rappresentanze politiche e istituzionali, uomini, energie, idee e progetti, ritenendo che le sfide di fronte alle quali ci troviamo - rese ancora più gravose dall’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 - vadano colte e affrontate con urgenza, adeguatezza, responsabilità.

2. POLITICHE

Nelle città, entro il 2050, si concentreranno più dei due terzi della popolazione mondiale. Un fenomeno che in Occidente si accompagna a un rapido invecchiamento della popolazione e a un indice di natalità che sta progressivamente arretrando. Le città sono pertanto chiamate a dotarsi di politiche e strumenti idonei per fronteggiare da un lato la crisi demografica (politiche di welfare, politiche educative, politiche per la gestione dell’immigrazione) e dall’altro a costruire un modello organizzativo e di gestione del territorio basato sull’innovazione sostenibile ed efficiente, sulla digitalizzazione dei processi, sull’alfabetizzazione digitale, sull’inclusività delle periferie, sulla valorizzazione del capitale umano. È per altro verosimile e auspicabile che la pandemia possa incentivare e accelerare la cessione di maggiori spazi di autonomia ai Comuni, a fronte di amministrazioni regionali sempre più obsolete e macchinose e sempre meno funzionali e capaci di rispondere alle sollecitazioni locali.

Ripensare profondamente il ruolo delle città è a maggior ragione doveroso a fronte di una modificazione, già ampiamente intrapresa, dei piani, delle preferenze e degli stili di vita delle persone, dei modelli produttivi e delle filiere nazionali e internazionali e della mobilità urbana. Secondo A.T. Kearney, il successo delle città nei prossimi anni sarà determinato da un complesso mix di fattori, fra i quali compaiono gli open data, l’uso del machine learning, la trasparenza amministrativa, le politiche culturali, la scuola, l’università.

La pandemia ha inoltre messo in luce, con crudezza e grande evidenza, una serie di problematiche a lungo ignorate dalle amministrazioni locali e, tra queste, la carenza di servizi locali in grado di raggiungere adeguatamente le fasce socialmente più fragili, l’assenza di processi e infrastrutture in grado di ridurre sprechi e impatto ambientale e la scarsità di spazi urbani verdi. Non a caso nel corso del World Economic Forum 2020 è stata lanciata una iniziativa denominata Covid Action Platform, ovvero una piattaforma che, tra le varie cose, intende promuovere una green recovery delle città, per mettere a disposizione di ogni cittadino almeno un’area verde a una distanza non superiore ai 300 metri dalla propria abitazione.

Un altro dei punti chiave della Covid Action Platform è l’esigenza di ripensare la mobilità urbana: vanno incentivati la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico e limitato il traffico privato, con pedonalizzazioni estese e l’eliminazione di aree di parcheggio in centro città: a Trieste, in particolare, occorre restituire le rive alla mobilità pedonale, iniziativa che sarebbe in grado, da sola, di ridisegnare radicalmente il frontemare. New York, in questo senso, ha messo in cantiere la realizzazione di interi quartieri pedonali e anche Parigi ha scelto di stanziare 300 milioni di euro per la realizzazione di una capillare rete di piste ciclabili. Il modello è quello delle 15 minutes cities, ovvero delle città dove tutto (shopping, lavoro, svago, cultura) sia raggiungibile in un tempo massimo di 15 minuti a piedi, in bicicletta o con un mezzo pubblico.

Nel medesimo contesto, serve un piano per incrementare ulteriormente la sicurezza stradale sul territorio, ampliando la rete dei mezzi pubblici anche con veicoli a guida autonoma su circuiti dedicati. Va incentivata e sostenuta l’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificazione e gestione partecipata e integrata degli insediamenti.

Va da sé che qualunque progetto di rilancio della città ha bisogno, in parallelo, di un’opera di forte coinvolgimento dei territori e delle fasce sociali oggi ai margini: anche a Trieste la scarsità o la totale assenza di competenze digitali in larghissime fasce di popolazione rappresentano una assoluta emergenza che limita, di fatto, la portata e l’impatto potenziale di eventuali politiche per l’innovazione. In questo senso, l’amministrazione comunale deve necessariamente farsi parte attiva, sia con iniziative proprie e sia con atti di indirizzo rivolti alle scuole e al terzo settore. Questo consentirebbe da un lato di mitigare le profonde diseguaglianze sociali che oggi esistono e, dall’altro, di migliorare l’accesso delle persone ai servizi sociali e sanitari, ai servizi di welfare e di cura della persona e, più in generale, alla complessità dei servizi pubblici. Una migliore alfabetizzazione del territorio e, contestualmente, l’uso più diffuso di piattaforme digitali, open data e machine learning sono elementi essenziali per migliorare la qualità dei servizi, le pratiche di gestione e manutenzione del territorio, la trasparenza amministrativa. Gli economisti indicano l’instabilità sociale come il primo e più importante rischio globale nei prossimi anni: è un rischio fortemente connesso con i cambiamenti climatici, con il deterioramento del sistema sanitario, con l’arretratezza del sistema educativo e culturale. Vanno per questo progressivamente messe in campo misure educative e di protezione sociale, accompagnamenti e sostegni per assicurare la piena dignità a tutti i cittadini e la possibilità di accedere, senza discriminazioni, a servizi pubblici, servizi finanziari (microfinanza) e nuove tecnologie, anche tramite l’allestimento di un centro servizi rivolto da subito anche a coloro che siano privi di strumenti e competenze informatiche. Il centro servizi deve così diventare una prima risposta concreta ed efficace alla domanda di servizi comunali, sociosanitari, catastali, anagrafici, giudiziari. Con atti di indirizzo e azioni di monitoraggio, l’amministrazione comunale deve inoltre farsi carico di assicurare a tutti i cittadini competenze tecniche e professionali sufficienti per accedere a lavori dignitosi e iniziative imprenditoriali.

Deve altresì essere modificato l’approccio stesso della pubblica amministrazione locale con il cittadino. Antonino Busacca, esperto di customer strategy, ha definito quella che stiamo vivendo «era del cliente», ritenendo che la soddisfazione del cliente sia la prima e vera ragione di vita di tutte le organizzazioni, amministrazioni pubbliche comprese, che a lungo hanno ritenuto (e continuano in molti casi a farlo) di potersi caratterizzare per una marcata autoreferenzialità. Una pubblica amministrazione innovativa e che voglia essere e mantenersi competitiva deve pensare, progettare e garantire servizi che rispondono totalmente alle aspettative dei cittadini. Una volta adottato il cittadino-cliente come elemento motore delle attività quotidiane, la piena soddisfazione delle sue attese finisce per diventare la ragione stessa dell'esistenza dell'amministrazione. La qualità in una pubblica amministrazione, soprattutto locale, deve essere il risultato di un modo attivo di lavorare, vivere e comportarsi: chi lavora per una organizzazione, a tutti i livelli, deve avere la consapevolezza che il corretto operare di ciascuno porta vantaggi per tutti, mentre la scarsa professionalità e il modesto coinvolgimento hanno conseguenze negative non solo sulla soddisfazione del cittadino, ma anche sui costi operativi dell’amministrazione. Serve un nuovo approccio al cittadino da parte della pubblica amministrazione locale: il personale deve avere la capacità di convincere il cittadino-cliente che si sta davvero lavorando per lui e solo per lui, senza pregiudizi, senza slanci emotivi e sapendo chiedere scusa quando serve farlo. Un’indagine dell’American Society for Quality Control ha mostrato che per il 67% degli intervistati la qualità di un servizio è determinata dal comportamento e dalle attitudini del personale. Tra i comportamenti e le attitudini, la cortesia è di gran lunga al primo posto. Ecco perché la sfida per i Comuni è anche e soprattutto culturale. Amazon ci ha insegnato che ogni persona, ogni cliente, ogni cittadino, può (e deve) essere trattato come se fosse l’unica persona, l’unico cliente, l’unico cittadino.

L’ambiente, inteso nell’accezione più ampia del termine, è un altro dei fattori su cui l’amministrazione comunale ha il dovere di intervenire con politiche, indirizzi e azioni coraggiose e innovative. Non solo in termini di spazi verdi, cui si è già fatto cenno, ma anche di riqualificazione architettonica degli spazi urbani (cui va dato un coordinato d’immagine capace di valorizzarne le peculiarità), di incentivazione della mobilità elettrica, di sostegno all’economia circolare e all’alimentazione a km zero, di promozione del turismo sostenibile e di prossimità. Va inoltre ridotto lo spreco pro capite di rifiuti alimentari e ulteriormente sostenuta, anche con misure di indirizzo, la riduzione della produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, il riciclo e il riutilizzo.

Serve altresì un’iniziativa su larga scala, in termini di comunicazione, formazione e informazione, per dotare tutti i cittadini delle conoscenze e delle competenze necessarie per promuovere e sostenere stili di vita e sviluppo sostenibili, uguaglianza di genere, cittadinanza globale e valorizzazione della diversità culturale. A questo fine, imparando da alcune esperienze internazionali di successo, nell’ambito del protocollo del 2017 fra l’amministrazione comunale e gli enti di ricerca, ad ogni scuola del territorio possono essere assegnati uno o più tutor che assicurino un dialogo costante fra gli studenti, l’Università, gli istituti di ricerca e il mondo delle imprese.

Ma il problema maggiore che Trieste sarà chiamata ad affrontare nei prossimi anni Trieste sarà quello demografico, oggi ampiamente sottovalutato: se si considera che decrescita media a livello nazionale sarà nel 2040 del 20% rispetto ai valori attuali, allora Trieste - che è la seconda città più anziana d’Italia - potrebbe verosimilmente scendere in pochi anni a un livello compreso tra i 150 e i 160 mila abitanti, che è un dato la cui sostenibilità socio-economica è assai discutibile. Per invertire la rotta, non esistono ricette semplici e immediatamente applicabili, ma occorre un mix di misure speciali, alcune delle quali già precedentemente richiamate: istruzione e scuole di qualità per incrementare l’attrattività del territorio (incoraggiando la collaborazione fra il sistema scientifico locale e il sistema scolastico, anche attraverso una adeguata valorizzazione del protocollo sottoscritto nel 2017 tra il Comune, l’Università e gli enti di ricerca e al quale non è mai stata data una reale e positiva attuazione); investimento tecnologico in servizi sociali e medicina a distanza, al fine di ridurre i costi di ospedalizzazione; gestione strategica dell’immigrazione, attraverso politiche di formazione mirate e con l’obiettivo di attrarre stranieri ad alta e media scolarizzazione; creazione, sia con misure di sburocratizzazione e sia con azioni comunicative e di marketing territoriale, di un ambiente culturalmente e naturalmente favorevole agli investimenti da parte di imprese innovative.

Diversi studi indicano inoltre che i lavori del futuro saranno completamente diversi da quelli che conosciamo oggi: è necessario iniziare a progettare percorsi formativi nuovi per attrarre persone da fuori Trieste e formarle a lavori che oggi non esistono. Riuscire a garantire a Trieste una disponibilità di offerta di lavori al passo con i tempi sarà uno dei più importanti fattori di successo per lo sviluppo della città. Trieste può diventare in questo senso, con la messa in campo di una serie di azioni e investimenti coraggiosi, un polo di interesse nazionale, attraverso una copertura totale del territorio in 5G, una rete per il monitoraggio reale e costante delle condizioni e delle variabili ambientali, un sistema per la produzione di idrogeno a partire da fonti energetiche rinnovabili. Questo consentirebbe fra l’altro al territorio di accedere ai servizi energetici affidabili e moderni e a prezzi sostenibili. Per quanto la sfida sia globale e non locale, è importante che ogni città sia in grado di attrezzarsi per rispondere adeguatamente a quelle che nei prossimi anni saranno le crisi economiche e ambientali, dopo la crisi determinata dalla pandemia. Trasmissioni veloci e sicure tramite il 5G consentirebbero per altro, coerentemente con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, di incrementare i livelli di produttività economica e del lavoro.


3. PROGETTI
3.1 Porto e Trasporti

3.1.1. Istituzione dell'Assessorato all'economia del mare. 

La prossima Giunta comunale dovrà testimoniare la propria attenzione nei riguardi dell’economia del mare attraverso l’istituzione di un assessorato ad essa dedicato che - replicando a livello municipale quanto, grazie all’opera dell’International Propeller Club, si sta perseguendo a livello nazionale attraverso il ripristino di un Ministero dedicato al mare - renda stabile ed organica la proficua collaborazione tra il Municipio e le altre istituzioni nella gestione delle tematiche afferenti a tale cruciale comparto dell’economia, che si ha l’impressione sia stata fin qui il frutto dell’iniziativa personale di singoli pubblici amministratori.

3.1.2. Nessuna richiesta di IMU sui beni utilizzati all'interno dei punti franchi

La futura Giunta si deve impegnare per dare definitiva soluzione al problema, denunciato in modo corale dagli operatori portuali, della perdurante insistenza del Comune ad assoggettare ad IMU i beni utilizzati all’interno dei punti franchi, affinché il Comune si decida a dare piena esecuzione anche sul piano fiscale al regime del Porto Franco internazionale – che consente al Comune (artt. 5 e 9 All. VIII) di incassare solo quei tributi che siano il corrispettivo di servizi prestati in ambito portuale (e l’IMU non corrisponde ad alcun servizio prestato in porto dal Comune) – e a promuovere l’attuazione dei vigenti accordi tra Stato e Regione, che attribuiscono a quest’ultima di definire in modo autonomo le modalità di riscossione delle imposte locali anche in ambito portuale.

A questo riguardo la richiesta di passare, nell’attuazione dell’extradoganalità del Porto franco, dalle parole ai fatti, è un richiamo trasversale rivolto dall’intero ceto portuale non solo a governo e Regione, ma anche al Comune.

3.1.3. Il Porto motore di rigenerazione di una zona periferica a ridosso del Porto Nuovo

Tutte le città-porto (Amburgo, Rotterdam, Singapore, Venezia, per citarne alcune) sono contraddistinte da una piena immedesimazione tra la città e il suo scalo.

Tale legame si registra anche nel rapporto tra Trieste e il suo Porto Franco internazionale, ma si regge su un delicato equilibrio che richiede costante cura e che, quantomeno negli ultimi vent’anni, non sempre nella nostra città ha ricevuto tutte le attenzioni necessarie.

Desideriamo dunque stimolare l’Amministrazione comunale a rinsaldare il rapporto tra città e porto.

Ci sono varie iniziative che possono rivelarsi utili al riguardo, ma oggi per ragioni di sintesi ne vorremmo indicare solo una, forse la più urgente:

Individuare un’area, alle spalle del porto nuovo, dove promuovere l’insediamento di attività (bar, ristorazione, fitness) che – come accade nel Reeperbahn di Amburgo o nel Clarke Quay di Singapore – favoriscano la socializzazione tra la comunità che opera nel porto e la cittadinanza. Ciò consentirebbe la rigenerazione di un’area periferica posta a ridosso del Porto Nuovo, e al contempo di rendere più vivace ed intenso il legame tra la comunità internazionale che anima il porto (Tedeschi, Danesi, Ungheresi, Turchi ...) e la comunità triestina.

3.1.4. Infrastrutturazione delle direttrici Porto / retroporto

Sotto la conduzione D’Agostino / Sommariva il Porto di Trieste ha iniziato un percorso trasformativo.

Freeste, Fernetti, Prosecco, Coselag (così come gli investimenti danesi, ungheresi e tedeschi nel Porto) sono altrettante iniziative che – nel quadro offerto dal regime di Porto Franco - candidano lo scalo triestino ad un ruolo di propulsore dell’area centroeuropea, per un verso grazie alle caratteristiche logistiche del Porto, per altro verso in ragione della possibilità di attrarre nel retroporto l’insediamento di attività industriali avanzate che, in una chiave di ricollocazione della nostra città nell’ambito delle catene globali del valore, pongano a sistema le potenzialità che caratterizzano Trieste grazie all’eccellenza della sua ricerca, alla sua capacità logistica e alla disponibilità di spazi.

E’ diffuso, tra gli operatori portuali, il convincimento che nel prossimo futuro il nostro scalo –per le ragioni che ho appena illustrato – attrarrà volumi di traffico assai superiori agli attuali, e che ciò si rifletterà sull’economia e sulla demografia cittadine.

Per assecondare la trasformazione in corso e consentire un armonioso fluire delle merci, specie di quelle destinate alle zone extradoganali dove ne avverrà la lavorazione industriale, appaiono indispensabili alcuni sforzi progettuali di cui è necessario il Comune si faccia carico.

Il primo consiste nel porre mano alla viabilità comunale a servizio del porto nuovo e dei flussi tra lo scalo e le zone industriali retroportuali, realizzando adeguati collegamenti che migliorino la rete viaria già esistente. Le infrastrutture di cui oggi dispone il nostro territorio, appena sufficienti a supportare il traffico attuale, è impossibile reggano l’impatto dei flussi che l’aumentato numero di Terminal e operatori apporterà alla nostra città, ed è dunque necessario porvi mano.

3.1.5. Un nuovo piano della mobilità

L’imminente sviluppo dei traffici al quale ho appena accennato impone un ulteriore sforzo ideativo, consistente nel ripensare il nostro datato piano della mobilità.

E’ impellente infatti rimeditarne i contenuti – come pare l’amministrazione in carica abbia lodevolmente dichiarato di accingersi a fare – allo scopo di anticipare e soddisfare le future necessità di una città assai più popolosa rispetto a quella in declino demografico che oggi conosciamo.

Quando infatti, tra non molto, si inizieranno a cogliere i frutti del rilancio del nostro scalo e degli investimenti stranieri che lo stanno potenziando, sarà inevitabile una inversione del trend demografico della nostra città.

Vanno dunque incentivati la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico // e limitato il traffico privato, con pedonalizzazioni estese e l’eliminazione di aree di parcheggio in centro città (torneremo su questo concetto): a Trieste, in particolare, occorre restituire le rive alla mobilità pedonale, iniziativa che sarebbe in grado, da sola, di ridisegnare radicalmente il frontemare. New York, in questo senso, ha messo in cantiere la realizzazione di interi quartieri pedonali e anche Parigi ha scelto di stanziare 300 milioni di euro per la realizzazione di una capillare rete di piste ciclabili.

Il modello è quello delle “fifteen minutes cities”, ovvero delle città dove tutto (shopping, lavoro, svago, cultura) sia raggiungibile in un tempo massimo di 15 minuti a piedi, in bicicletta o con un mezzo pubblico, con un radicale ripensamento della vocazione di ampie aree cittadine ora collocate ai suoi margini periferici, altrimenti destinate – se non s’inverte la rotta oggi intrapresa – allo sterile ruolo di dormitori.

Nel medesimo contesto serve un piano per incrementare ulteriormente la sicurezza stradale sul territorio, ampliando la rete dei mezzi pubblici anche con veicoli a guida autonoma su circuiti dedicati.

Va incentivata e sostenuta l’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificazione e gestione partecipata e integrata degli insediamenti.

3.1.6. Trieste, città ad idrogeno

Il nostro Porto è protagonista di una trasformazione energetica in chiave sostenibile,

essendosi aggiudicato due progetti europei, rispettivamente miranti (i) all’elettrificazione delle banchine, con l’obiettivo di ridurre le emissioni dei motori delle navi nel porto, e (ii) alla progettazione preliminare di un deposito di stoccaggio di Gnl in Porto.

Quel che si fa nello shipping sarebbe agevolmente replicabile nella mobilità, assecondando lo sviluppo dell'utilizzo dell'idrogeno nell'ambito della decarbonizzazione del settore energetico in Italia e della Hydrogen Strategy europea, e di cui è recente testimonianza il progetto di conversione delle centrali termoelettriche di A2A (tra le quali quella di Monfalcone) da carbone a gas naturale, idrogeno o miscele gas naturale/idrogeno.

L’idrogeno - gas che può essere prodotto direttamente in loco attraverso un processo di elettrolisi dell’acqua e che il Green New Deal europeo ipotizza possa coprire un quarto della domanda energetica europea nel 2050 - sembra infatti avere prospettive e caratteristiche per garantire una mobilità ecosostenibile dell’intero sistema dei trasporti, incluse le nostre autovetture. In particolare se l’energia elettrica proviene da fonti rinnovabili, l'idrogeno ha di fatto un costo ambientale nullo.

Anche con riguardo alla mobilità la nostra amministrazione potrebbe ispirare la propria azione a quanto altri già fruttuosamente stanno facendo nel nostro Paese e all’estero. Prendiamo il caso di Trento, dove l’alimentazione ad idrogeno è utilizzata nel trasporto pubblico locale da quasi un ventennio allo scopo di creare un collegamento alternativo (dal punto di vista dell’alimentazione) tra l’Europa meridionale e settentrionale.

La Provincia autonoma di Bolzano, con il proprio Piano strategico per l’idrogeno inquadrato nel progetto “Brenner Green Corridor“, mira a propria volta a garantire il flusso di traffico sul corridoio tra Italia e Nord Europa e a renderlo più sostenibile per il futuro, grazie alla tutela della biodiversità e al contenimento degli effetti del cambiamento climatico.

Questa lungimirante poIitica ha consentito a Bolzano di realizzare, presso l’accesso alla Merano-Bolzano dell’Autostrada del Brennero, l’unico luogo di approvvigionamento dell’Idrogeno aperto al pubblico in Italia, precursore della realizzazione di due altre stazioni di servizio a idrogeno, che saranno completate dall’ENI entro il 2021 a San Donato Milanese e nella terraferma veneziana, e di altre otto che l’Autostrada del Brennero di accinge a realizzare sulla A22.

Diversi i vantaggi che si realizzerebbero se anche Trieste optasse per una scelta di questo tipo: in primo luogo il miglioramento della qualità dell’aria. Ricordiamo che l’inquinamento da PM10 crea a Trieste un costo sociale pro-capite annuo che, seppur in linea con la media UE (1250 euro), esprime nella nostra città un valore assoluto di 139 milioni, stando ai dati divulgati dall'European public health alliance.

La scelta dell’idrogeno contribuirebbe poi alla tutela dell’ambiente: già oggi l’idrogeno presenta la caratteristica di essere un vettore energetico e una risorsa rinnovabile pressoché inesauribile, in quanto largamente presente in natura sotto forma di acqua.

Se si ipotizzasse di sollecitare il comparto della ricerca e industria triestine verso lo studio e l’implementazione dell’idrogeno verde, ossia dell’estrazione dell’idrogeno dall’acqua attraverso l’elettrolisi, utilizzando energia a sua volta ricavata da altre fonti rinnovabili – come quella solare o eolica – si potrebbe addirittura ipotizzare di realizzare una filiera al 100% virtuosa.

Infine la creazione di una stazione di erogazione di idrogeno nella nostra città consentirebbe di attrarre i turisti sensibili al tema della sostenibilità, rafforzando il ruolo di Trieste quale cerniera della mobilità sostenibile tra l’est Europa e l’Italia.

3.2 Sostenibilità

"T3.2.1. Trieste, città ‘POST covid’

L’argomento prende le mosse da una domanda: i cambiamenti climatici sono una minaccia reale?

Per rispondere occorre prendere atto di come gli economisti indichino nell’instabilità sociale il più grosso rischio globale per i prossimi mesi e anni. Questo rischio è fortemente connesso con i rischi ambientali, con quelli connessi al peggioramento del sistema sanitario e con il crollo culturale di un paese.

Se quella che stiamo vivendo è l’ondata (la seconda) del COVID, la prossima sarà l’ondata della crisi economica e poi arriverà quella, ancora più rilevante, dei cambiamenti climatici.

Su questo c’è molto da fare.

Oltre a sviluppare una mobilità sostenibile e a rivedere il traffico cittadino, aumentando i trasporti pubblici, sarà rilevante ampliare gli spazi collettivi (aperti e chiusi) e procedere alla messa in sicurezza del territorio, anche in previsione di fenomeni di alta marea che saranno sempre più frequenti nei prossimi 20 anni.

La missione per una città sostenibile al 2030 quindi deve puntare a migliorare la qualità dei servizi pubblici e delle infrastrutture fondamentali, avendo come priorità la casa, la scuola, la salute, la mobilità sostenibile e gli spazi collettivi (aperti e chiusi) nonché la rimozione degli ostacoli all’espressione delle capacità imprenditoriali.

Dunque i pilasti su cui concentrare l’attenzione per la gestione e lo sviluppo di una città ‘post COVID’ dovrebbero essere basati (i) sull’investimento nell’istruzione, per rendere gli edifici scolastici più moderni e connessi, (ii) il supporto ai medici di base per favorire lo sviluppo di una solida piattaforma di supporto medico alla popolazione, e (iii) l’incentivazione alla formazione di start up.

3.2.2. Trieste, una ‘smart city’

Con le sue capacità di sviluppare scienza e innovazione, Trieste può diventare una smart city di riferimento in Italia e in Europa. Per arrivarci serve visione, ma anche tanta concretezza e capacità di pianificare, immaginare e costruire un nuovo modello di città.

La tecnologia non è una minaccia, ma una straordinaria opportunità, è un investimento sul nostro futuro e sulla qualità delle nostre vite.

Questi che seguono sono solo alcuni esempi di ciò che potremmo mettere in campo in due anni di lavoro o poco più e che impatterebbe in modo significativo sulla nostra quotidianità, sulla nostra economia, sull’educazione dei nostri ragazzi e sulla nostra salute:

gestione della sicurezza: l’uso di tecnologie IOT, big data, machine learning e sistemi interconnessi possono dare un contributo enorme alla gestione della sicurezza sul territorio, agevolando lo scambio di informazioni e aiutando a prevenire eventuali minacce;

manutenzione del territorio: tramite piattaforme digitali e una mobile app dedicata, si può incentivare la collaborazione responsabile dei cittadini nella gestione del territorio e nella puntuale segnalazione di problemi, malfunzionamenti, danneggiamenti, guasti o, più semplicemente, nella richiesta di interventi o nuove installazioni, consentendo al tempo stesso alla pubblica amministrazione di programmare, con maggiore consapevolezza, costi e tempi;

edifici intelligenti: la pubblica amministrazione può incentivare, accompagnare e pianificare interventi urbani per l’applicazione di tecnologie e sensori in grado di rendere la città e i suoi edifici sostenibili, intelligenti, parlanti, energeticamente efficienti;

parcheggi pubblici intelligenti: i parcheggi, la ciclomobilità e i trasporti pubblici devono essere integrati in un unico sistema intelligente in grado di rendere la città più vivibile e meno inquinata e trafficata, favorendo la mobilità elettrica, la pedonalizzazione e la sperimentazione di percorsi dedicati ai mezzi pubblici a guida autonoma;

energia rinnovabile: la creazione di smart grid su scala locale può ridurre significativamente i costi e l’impatto delle infrastrutture energetiche, con benefici per il territorio, per i cittadini e per le famiglie: una prima smart grid potrebbe essere da subito realizzata nel comprensorio del Porto Vecchio; inoltre, come già accennato, va incentivato l’uso dell’idrogeno quale vettore energetico;

gestione dei rifiuti: una migliore gestione dei rifiuti organici consente di ottenere fertilizzanti e iniettare l’energia prodotta durante il processo di decomposizione direttamente nella rete;

gestione delle aree verdi: è necessario restituire spazi alla natura e assicurare un’area verde a tutti i cittadini entro un raggio massimo di 300 metri dalla propria abitazione, con benefici anche a livello estetico: va inoltre valorizzato il Carso con una maggiore cura del territorio e, anche in questo caso, l’applicazione di tecnologie che possano rendere immersiva e totale anche una semplice passeggiata;

reti e comunicazioni veloci: il 5G non è una minaccia ma una opportunità: una copertura totale della città consentirebbe trasmissioni sicure e veloci, incentivando la digitalizzazione dei servizi e impattando positivamente anche sulla produttività delle imprese;

telemedicina: serve incentivarla sul territorio per alleggerire i carichi e i costi determinati dall’ospedalizzazione e consentire un monitoraggio costante delle condizioni di salute dei cittadini, potendo così migliorare significativamente la qualità della vita.

La tecnologia è una risorsa, e sulla tecnologia serve investire: la tecnologia produce posti di lavoro, sicurezza, educazione, salute, inclusione sociale.

Nel programma di Trieste 2030 è e rimarrà un aspetto centrale.

Trieste una città "Aging-Friendly"

L’Italia è seconda al mondo, dietro al Giappone, per anzianità di popolazione, con quasi il 23% over 65.

La popolazione anziana di Trieste, invece, già rappresenta il 28% del totale, analogamente a quanto accade a Savona e Genova. In queste tre città si inizia a comprendere, per necessità, che prestando agli anziani la giusta attenzione essi divengono una componente fondamentale per la salute della città, la rendono più bella, sicura, pulita, a misura di bambino, ne fanno girare l’economia e rafforzano le relazioni famigliari e sociali.

L’invecchiamento della popolazione è in corso da 60 anni, e secondo l’ISTAT continuerà ad aumentare ancora per i prossimi 40 anni.

Questo fenomeno è iniziato con il baby boom e l’immigrazione degli esuli istriani, fiumani e dalmati dopo la seconda guerra mondiale. Poi con l’aumento del PIL e del benessere degli italiani, l’emancipazione delle donne e il loro ingresso in massa nel mondo del lavoro, è iniziato il calo delle nascite ed è cambiata la struttura della famiglia, non più dunque la “Famiglia S.p.A.”, che per molto tempo è stata la colonna portante della nostra società, ma una struttura limitata al gruppo ristretto di genitori, con in media 1,3 figli a coppia, e nonni. Contemporaneamente il progresso della medicina e della tecnologia e il miglioramento dello stile di vita (sport, tempo libero, dieta equilibrata) hanno determinato un veloce aumento dell’aspettativa di vita, portando le donne a 85 anni e gli uomini a 80.

Con l’aumento dell’aspettativa di vita si è allungata anche la vita lavorativa, allargando la fetta di popolazione attiva.

L’invecchiamento demografico ha e avrà un impatto sempre più significativo sia sull’economia che sulla società. Esso mette sotto stress il sistema previdenziale, pone una sfida difficilissima alla sostenibilità del sistema sanitario (aumento della popolazione con malattie croniche di lungo corso e altissimo costo), cambia la domanda di beni e servizi sul mercato (essendo gli anziani la gran parte della popolazione e tutti con una pensione o con altri redditi) e infine incide sulla composizione della forza-lavoro (perché si lavora quasi fino a 70 anni).

Nel sociale, l’invecchiamento demografico aumenta la dipendenza degli anziani dai loro figli nei periodi di fragilità, ma al contempo aumenta il bisogno dei figli dell’aiuto dei genitori soprattutto con i nipoti. Esso fa emergere inoltre esigenze e opportunità nuove. Se infatti la ridefinizione dei ruoli degli anziani pone l’esigenza di adeguati spazi per il tempo libero nonno-nipote e richiede un’offerta di cultura (teatro, biblioteca, cinema, università della terza età, mostre) in linea con le aspettative delle persone gli anziane, l’anziano si staglia in modo sempre più marcato quale risorsa fondamentale per il sistema del volontariato, animatore dei circoli sportivi e ricreativi, sentinella naturale del proprio rione e della città incline a segnalare le situazioni di degrado e abbandono. Ma perché queste prerogative siano valorizzate occorre che la persona anziana disponga di un ambiente sicuro, pulito, privo di barriere architettoniche e di trasporti efficienti, che gli consentano di avere tutti i servizi a portata di mano (rioni autosufficienti e mezzi di trasporto dove servono e quando servono).

Secondo l’ISTAT oggi gli anziani attivi sono l’11,6% e saranno il 18,3% nel 2055. Quindi aumenterà la popolazione anziana, ma aumenterà anche la sua componente attiva, ossia quella formata da persone che

lavorano, oppure da pensionati che escono regolarmente, frequentano un circolo ricreativo, sportivo o culturale, vivono la città, i suoi parchi, bar, ristoranti, biblioteche, trascorrono parte del loro tempo nei parchi giochi con i nipotini e via discorrendo.

Un anziano attivo apporta un positivo contributo all’economia e al tessuto sociale della città; un anziano inattivo genera criticità.

L’invecchiamento demografico sarà un problema o un’opportunità di sviluppo per la Trieste del futuro? Sicuramente se non ci curiamo degli anziani e li abbandoniamo la percentuale di inattivi o fragili sarà più alta e ciò ci comporterà seri problemi. Se invece disegniamo una città a misura di anziano e creiamo i presupposti perché la più ampia fetta possibile di popolazione anziana sia attiva, allora coglieremo i benefici economici e sociali che ciò comporta.

Il primo aspetto da valutare concerne la salute dell’anziano.

Oggi, grazie al progresso delle scienze e della medicina di tante malattie non si muore più, ma si vive per dieci o vent’anni con una patologia cronica, che però genera costi estremamente significativi sul sistema sanitario nazionale. All’incirca il 5% della popolazione (malato grave, con ricoveri in ospedale e complicanze gravi) consuma infatti il 50% delle risorse del sistema sanitario. Il 30% della popolazione (malattie croniche, gestite, senza complicanze gravi) consuma il 40% delle risorse sanitarie, mentre il residuo (con fattori di rischio o capace di curarsi in autonomia) ne consuma il 10% (piramide di Kaiser). Ovviamente gli anziani rappresentano, in proporzione, una porzione particolarmente significativa di questa popolazione.

Quando gli anziani, come accade a Trieste, rappresentano quasi un terzo della popolazione totale, la sostenibilità della spesa sanitaria viene posta seriamente a rischio. Ciò implica la necessità di evitare che un malato non grave diventi - per disattenzione - grave o gravissimo. A questa necessità si fa fronte grazie alla medicina d’iniziativa: Medicina Generale e Cure Primarie sono coordinate dalla direzione Sanitaria di ASUGI per prevenire il peggioramento dello stato di salute della popolazione a rischio, con il risultato di avere una popolazione più sana, quindi più attiva, e un sistema sanitario sostenibile.

Accanto alla medicina d’iniziativa, un ruolo fondamentale per tutelare la salute delle persone anziane consiste nel potenziamento dell’anziano attivo, che si ottiene con una città a misura di anziano, dove questi diventa una risorsa economico-sociale preziosa per la collettività.

La Società ha infatti bisogno di anziani «attivi». Per tenere un anziano «attivo» e per renderlo tale da uno stato «inattivo» bisogna dargli una città a sua misura. Il Comune va perciò stimolato a ripensare la città, in linea con gli obiettivi regionali di ActiveAgingIndex (AAI) e della legislazione regionale (LR22/14: Promozione dell’invecchiamento attivo), rendendola a misura di anziano e a misura di bambino, quindi di famiglia, cioè multi-generazionale.

Le pur lodevoli iniziative del Comune vanno al riguardo ripensate, ponendo mano

· ad una diffusione capillare di piccoli centri diurni multifunzionali volti a contrastare, specie nelle periferie, l’isolamento sociale e il decadimento psicofisico mediante l’erogazione integrata di servizi;

· alla creazione di luoghi di incontro, socializzazione e apporto civico sul modello dei centri anziani, strutture associative libere e spontanee ormai presenti in tutto il territorio nazionale, finanziate e

regolamentate dagli enti locali e generalmente incentrate sullo svolgimento di attività ricreative o culturali, miranti al coinvolgimento degli anziani nella vita sociale della comunità.

· al sostegno alla diffusione dell’attività fisico-motoria con finanziamenti ad hoc che premino le partnership innovative tra le associazioni/federazioni sportive e i sodalizi di promozione sociale attivi nella promozione del movimento in età anziana e della prevenzione delle patologie croniche e degenerative;

· al potenziamento della risposta ai fabbisogni specifici degli anziani a maggior rischio di marginalità sociale, in particolare alle situazioni non in carico del sistema socio-assistenziale, caratterizzate da condizioni di progressivo disagio economico e relazionale legate a difficoltà motorie, perdita della rete familiare e amicale, mancanza di risorse finanziarie, ecc.;

· al perseguimento di interventi di domiciliarità innovativa tramite progetti territoriali che promuovano soluzioni coabitative generazionali mirate a incentivare la permanenza degli anziani in contesti familiari “artificiali”, privilegiando la localizzazione residenziale nei centri cittadini al fine di favorire l’accesso ai servizi sanitari e socio-assistenziali, ai mezzi pubblici e ai luoghi di consumo (caffè, gelaterie, negozi, ecc.) e socializzazione ricreativa e culturale (es. circoli, teatri e cinema).

L’anziano è un fruitore di tecnologia sempre crescente. La Smart City è una città in cui la tecnologia e la connettività è immanente nell’ambiente cittadino (bus, locali pubblici, parcheggi, piazze...) e permette sia al tessuto produttivo sia alla cittadinanza tutta di beneficiarne. Trieste Smart City vuol dire però anche potenziamento dei servizi agli anziani, mediante il sostegno alla creazione di programmi (da parte di INSIEL o simili), da rendere disponibili attraverso una domotizzazione delle abitazioni degli anziani, per lo svolgimento di controlli sanitari in collegamento telematico (es. misurazione della pressione o del battito cardiaco) e per la fruizione di servizi di assistenza e protezione sociale quali l’eHealth, la teleassistenza e la telemedicina.

Non sfugge il fatto che diversi tra queste iniziative - laddove assicurano continuità assistenziale, integrando l’ospedale e il territorio grazie ai servizi a domicilio prestati dal distretto e dai servizi sociali, che fanno uso di telemedicina, telesoccorso e telecontrollo, con meno spostamenti dell’anziano fragile e meno accessi impropri alle strutture ad alta intensità di cura - consentirebbero di realizzare un altro asse fondamentale per arginare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, ossia la protezione della persona fragile.

Questi obiettivi, assieme al potenziamento della mobilità e dei trasporti urbani intelligenti, affinché i mezzi pubblici siano disponibili dove servono e quando servono, e alla cura all’eliminazione delle barriere architettoniche, consentirebbe a Trieste di divenire davvero una città a misura di anziano e, contemporaneamente una città a misura di bambino, quindi di famiglia, ossia una città autenticamente multi-generazionale: una città dove tutti vorrebbero vivere!

3.3 Urbanistica

La Qualità Urbana, in moltissimi Paesi e città oggi molto competitive e attrattive, non è vista come un fattore estetico -un abbellimento che migliora semplicemente la vita dei cittadini- ma è uno dei principali fattori di spinta dell'economia e dello sviluppo. Possibilità di investimenti e capacità di attrarre capitali vengono smistati nell'economia globale che permette di scegliere dove investire, anche e soprattutto per la capacità dei luoghi di offrire qualità e del sistema amministrativo di formulare bandi e percorsi innovativi e certi.

La Qualità dello spazio, il comfort urbano e la capacità di essere innovativi nei processi sono diventati temi al centro di politiche di attrattività di competenze e risorse umane che, mai come oggi, fanno scelte legate alla qualità della vita, dei servizi e del proprio comfort di vita.

Mai come nell’epoca odierna, in cui il lavoro sta cambiando velocemente e la possibilità di delocalizzare le risorse umane sta diventando così potente, ci sono opportunità immense per Trieste.

Per questo è decisivo che nei prossimi anni si creino occasioni per aumentare la qualità della vita e degli spazi della città: parchi, verde di quartiere, servizi smart (e anche sani standard molto tradizionali) che diano un volto nuovo alla città, fatto anche di quei servizi, quelle piazze, giardini, parcheggi che vediamo quando passeggiamo per Vienna, Berlino, Barcellona, e oramai anche a Lubiana, per restare ad un posto vicino a casa nostra che in vent'anni ha fatto passi da gigante con mezzi paragonabili ai nostri o fors’anche inferiori.

Per conseguire questi obiettivi proponiamo a chi si candida ad amministrare la nostra città cinque progetti pratici:

3.3.1. Protocollo standard per appalti e lavori pubblici

Sviluppare uno studio delle migliori procedure di assegnazione e appalto dei progetti e dei lavori pubblici per creare un protocollo standard che dia stabilità normativa a chi lavora e permetta di selezionare progetti e realizzare opere di qualità, mettendo al centro l'innovazione, la ricerca e la competenza.

3.3.2. Programma ’10 piazze e spazi aperti’

Sviluppare un programma di 10 piazze e spazi aperti, incentrato soprattutto su quartieri periferici, da realizzarsi entro 5 anni, a partire da vere necessità del territorio: una Piazza per Servola che va oggi ripensata, un progetto per gli spazi aperti di Via Flavia, una piazza con servizi per Altura, un nuovo sistema di verde e spazi di relazione per Rozzol, che coinvolga il complesso di Melara, una nuova Piazza per San Giovanni e via discorrendo.

3.3.3. Agenzia immobiliare per la gestione del patrimonio comunale

Costituire un’Agenzia, che pur mantenendo forte o totale controllo pubblico, possa gestire con criteri e modalità privatistiche il tantissimo patrimonio inutilizzato del Comune. Il fatto che non si sia ancora riusciti a venderlo o cederlo non dipende da incapacità degli amministratori, quanto piuttosto dal fatto che essi dispongono di strumenti antiquati e non attrattivi per gli investitori. Sull'esempio di realtà nate in molti comuni italiani e di tantissime città estere, proponiamo la costituzione di una vera immobiliare che agisca con forza e logica di mercato per sbloccare e mettere a rendita un patrimonio che è oggi un costo.

3.3.4. Piano strategico di sviluppo urbano

Vediamo spostarsi progetti strategici di qua e di la, piscine che vagano per la città, centri culturali, acquari, musei, attrazioni importanti e positive che passano da destra a sinistra, da Barcola a Servola senza un disegno strategico.

Allo stesso tempo vediamo i cultori dei grandi piani strategici che organizzano convegni a spiegare che non va bene niente e proporre poco altro.

Serve un soggetto che abbia un mandato chiaro che metta ordine, partendo da logiche economiche e non politiche, tra le tante idee che sono da decenni sul tavolo senza che si vedano risultati.

Un tavolo che abbia un tempo massimo di svolgimento e uno staff di facilitatori e sviluppatori di idee (lo fanno a Berlino, Vienna, Copehagen, ma anche in città molto più piccole come Stoccarda, Siviglia, perché non si possono copiare le buone prassi?). Un tavolo che ascolti rapidamente tutti e faccia una sintesi gettando le basi per un Piano Strategico di sviluppo.

3.3.5. Parcheggi e mobilità

Invochiamo una vera riflessione sui parcheggi e la mobilità. Che piaccia o no, che sia giusto o meno, il mondo sta cambiando velocissimo e la sfida dei trasporti e della logistica è alla base oggi dell'economia mondiale, così come l'interesse per gli stili di vita legati ad una mobilità più lenta e sostenibile.

L’avvento dei veicoli a guida autonoma e la trasformazione del rapporto con le vetture (da beni di proprietà a oggetto di un servizio) comporterà un cambiamento radicale non solo nell’utilizzo delle strade, ma anche degli spazi adibiti a parcheggio.

Ci sono due modi per affrontare questi cambiamenti: per inerzia, 15 anni dopo tutti gli altri, o avendo il coraggio di guardare cosa fanno le città oggi più interessanti che attraggono persone di qualità, come Bruxelles o San Francisco, dove da anni sorgono spontaneamente i “parklet”, ossia luoghi per la socializzazione dei residenti, frutto della trasformazione di spazi stradali sottoutilizzati.

3.4 Sport e Cultura

3.4.1. Trieste, Città per lo sport

L’anima sportiva della città di Trieste è parte integrante del suo DNA, un DNA che tocca trasversalmente tutta la società civile, dai bambini agli anziani, senza distinzioni di genere.

In una città del futuro, dove molte attività potranno essere svolte da remoto, digitalmente, senza uscire da casa, lo sport resterà un elemento bisognoso di spazi dedicati.

Un progetto che desideriamo mettere a cuore di chi amministrerà in futuro la città consiste nell’attrezzare delle aree per aumentare gli spazi riservati alle diverse discipline sportive, creando anche – ispirandosi alle buone prassi attuate da altre metropoli italiane ed estere – una Cittadella dello Sport con la riqualificazione di aree inutilizzate.

Un’ipotesi, che già in passato è stata lodevolmente affacciata, è collocarla presso il terrapieno di Barcola, ma nulla vieta di pensare che essa possa essere localizzata nel quartiere vocato alla socializzazione cui abbiamo fatto cenno all’inizio, parlando di porto.

Un progetto di questo tipo può costituire un’opportunità sostenibile per aumentare l’attrattività di Trieste sia come meta turistica che quale città ideale dove vivere.

3.4.2. Trieste, Città della Musica

Trieste, anche grazie alla presenza del proprio Conservatorio, vanta un fortissimo legame con la musica classica.

Il vasto patrimonio artistico su cui poggia tale legame spazia dalla Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi, teatro di produzione oltreché di esecuzione, a realtà che vantano una grande tradizione nella realizzazione di concerti, prima tra le quali la Società dei Concerti di Trieste, istituzione operante nel settore della musica da camera tra le più importanti d’Italia, che da oltre novant’anni attrae nella nostra città gli artisti più acclamati del panorama cameristico internazionale.

Attorno a queste istituzioni esiste una costellazione di altre realtà (Chamber Music, Wunderkammer, Lumen Harmonicum, per citarne alcune) che rendono viva e plurale l’offerta musicale cittadina.

Non meno vivace è il contesto jazzistico, con una vasta platea di competenti fruitori.

Occorre tuttavia prendere atto che la nostra città non dispone di un adeguato spazio dedicato all’ascolto della musica da camera e della musica jazz, mancanza non priva di conseguenze sulla qualità della programmazione.

L’amministrazione comunale va dunque stimolata a valorizzare uno spazio esistente (si pensi alla Sala Tripcovich o all’Auditorium della Questura), rendendolo nuovamente fruibile, o a realizzarne uno nuovo, l’auditorium per la esclusiva fruizione della musica classica e al jazz, e a favorire la costituzione di una Fondazione deputata alla sua gestione.

Ciò beneficerebbe non solo la vasta platea dei fruitori di tali generi musicali, ma arricchirebbe l’offerta turistica della nostra città, con ricadute immediate sull’economia cittadina.

Campo nuovo

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